Lo spreco alimentare

Oggi si produce più cibo di quanto sia necessario alla sopravvivenza della popolazione del pianeta, circa il 30% in più del fabbisogno stimato e l’eccedenza, purtroppo, viene distrutta.
Si tratta di una situazione grave a cui occorre trovare rimedio, soprattutto alla luce del fatto che gli sprechi si concentrano in alcune regioni del mondo mentre, in altre, non c’è di che sfamarsi.
È il paradosso della nutrizione che vede coesistere persone che mangiano troppo e persone che mangiano troppo poco.
Vi sono molti progetti locali di recupero del cibo in eccesso e di quello prossimo alla scadenza ma naturalmente è sempre possibile fare di più.
Occorre ripartire dal rispetto del cibo e dal suo valore etico.
È necessario insegnare a trattare il cibo e gestire la sua infinita duttilità e le molteplici combinazioni temporali di utilizzo.
Ecco alcune semplici Green Best Practices:
1) Quando decidiamo il menù giornaliero, meglio verificare prima le scadenze in dispensa così da far prevalere una scelta di menù “ragionata” e “sostenibile” piuttosto che una scelta istintiva o di ispirazione momentanea.
2) Quando facciamo la spesa al supermercato, osserviamo con maggiore attenzione la scadenza di prodotti, leggendo le date e le avvertenze di conservazione. Ricordiamoci che sugli scaffali dei supermercati, i prodotti con scadenza più lontana nel tempo sono posti sempre dietro a quelli con scadenza più ravvicinata. Se non siamo quindi sicuri di utilizzare il prodotto nell’immediato, cerchiamo di scegliere la scadenza più lontana. Nel dubbio sulla quantità di prodotto utile al nostro pasto, sempre meglio rimanere sull’ipotesi di acquisto più contenuta.
3) Quando torniamo a casa, possiamo organizzare la nostra dispensa e il frigorifero accertandoci che i prodotti con scadenza più prossima siano riposti sempre davanti a quello con scadenza più remota, per limitare al minimo la possibilità che i primi scadano prima di poter essere utilizzati.
L’argomento è molto vasto e lo approfondiremo in successivi articoli più specifici nel nostro blog.
Intanto ci sentiamo di dire che l’esperienza del lock down ha certamente trasformato il mercato del cibo, aumentando la consapevolezza di tutti in merito alla possibilità di non sprecarlo.
In questa situazione ancora fluida sono emerse scelte diverse dai (e a volte addirittura opposte ai) trend del passato recente, soprattutto nella direzione del recupero del rapporto con la materia prima. I menù della ristorazione, sia tradizionale che delivery, sono diventati più corti e rassicuranti e forse anche più coerenti con i territori e con cibi più casalinghi.
La quarantena ha modificato gli stili della nostra vita e la prima reazione collettiva è stata quella di riportare la tavola al centro della vita familiare, con l’aiuto della rete che ha fatto da amplificatore di sensazioni, di ricette e di sapori.
La cucina è molto gratificante per il recupero dell’ebrezza del saper fare, sensazione che da tempo si è persa in ogni settore della vita quotidiana rendendoci dipendenti da tutte le possibili assistenze tecniche disponibili.
Fare il pane e la pizza ha riunito la famiglia e il prossimo passo potrebbe essere quello di favorire la rinascita di un rapporto più diretto tra il contadino in campagna e il consumatore in città.
Non dobbiamo dimenticare che i luoghi si visitano e si comprendono anche tramite i cibi che sono cultura integrante dei territori stessi.
A proposito di territorio occorre dire che dovremmo sempre ricercare il percorso della “fonte certa” del cibo, ancora prima del km zero.
Si tratta di una verifica più responsabile e praticabile che deve portarci ad essere più curiosi quando leggiamo le etichette dei prodotti che acquistiamo (naturalmente nella giusta quantità) e dai quali dobbiamo pretendere verità è chiarezza.