Nevica plastica

Ogni anno sulle montagne della Valle d’Aosta nevicano 200 milioni di frammenti: 80 milioni di questi sono microplastiche.
L’eredità dei nostri figli non saranno solo mari ma anche monti di plastica.
Ebbene sì, mari e monti sono ormai accomunati da questo triste destino, a meno di un cambio radicale nelle nostre abitudini.
A dirlo sono i campionamenti effettuati in Valle d’Aosta, in occasione del Tor des Géants® 2019. Stiamo parlando della prima ricerca al mondo effettuata sulle nevi residue delle nevicate dell’anno che conferma quanto il problema delle microplastiche sia sempre più grave.
L’idea di analizzare le nevi che restano alla fine dell’estate è venuta al testimonial eco-runner Roberto Cavallo ed è stata messa in pratica esattamente un anno fa, nel mese di settembre 2019, durante l’ultima edizione della corsa in montagna più dura al mondo (il Tor des Géants®).
La Cooperativa E.R.I.C.A. – in collaborazione con lo European Research Institute, la VdATralier e l’AICA – ha effettuato una serie di campionamenti sulle nevi residue dell’inverno e della primavera precedente, i cui risultati sono stati pubblicati in un primo dossier intitolato “Nevica Plastica”, consultabile sul sito di AICA (https://www.envi.info/blog/2020/08/26/nevica-plastica/)
Per i campionamenti sono stati individuati 4 luoghi toccati dal Tor des Géants®, ciascuno con specifiche peculiarità:
- il rifugio Deffeys, nel comune di La Thuile
- il rifugio Miserin, nel parco del Monte Avic
- il rifugio Cuney, il più alto rifugio delle Alte Vie valdostane ad oltre 2600 metri di quota
- il col du Malatrà a quasi 3000 metri di altitudine, che separa la Val Ferret dalla Valle del Gran San Bernardo
I campioni di neve sono stati quindi studiati dall’ARPA Valle d’Aosta in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano.
Negli 8 litri di neve analizzati sono state ritrovate 40 particelle, il cui 45% è risultato composto da microplastiche.
Le microplastiche sono state quindi analizzate al microscopio e il polimero più rappresentato (39%) è risultato il polietilene, ovvero quello abitualmente usato per realizzare i comuni sacchetti di plastica, i famosi pluriball (ovvero gli imballaggi a bolle d’aria), i rivestimenti interni delle confezioni in cartone per alimenti (ad es. le confezioni del latte), le diffusissime pellicole alimentari (come quelle usate per congelare gli alimenti) e infine i giocattoli.
Nell’analisi effettuata, il polietilene è seguito a stretto giro dal PET (17%) e dal HDPE (17%), quindi dal poliestere (11%), mentre un contributo inferiore è dato da LDPE (6%), polipropilene (5%) e poliuretano (5%), per la prima volta individuato dai ricercatori milanesi.
Ma i risultati di questa prima ricerca cosa ci dicono concretamente? Purtroppo ci dicono che sulle montagne più alte d’Italia ogni anno “nevicano” almeno 25 chili di plastica, ad essere ottimisti.
E noi vogliamo essere ottimisti. Quindi ecco la buona notizia: questi sono ancora numeri piccoli, siamo ancora in tempo per impedire che la situazione peggiori. Come? Cambiando radicalmente le nostre abitudini di acquisto e uso della plastica così da contribuire, nel nostro piccolo, a far tornare la neve… semplicemente neve.